Inversione – modelli mentali

Metodo dell'inversione come potente modello mentale.

Qui parleremo di:

L’articolo, in breve: Evitare di essere stupidi è più facile ed efficace che cercare di essere brillanti.

Brano consigliato: Rachmaninov, Piano Concerto No. 2 in C minor Op. 18 (Yuja Wang)

Principio dell’inversione.

Forse ci siamo sempre sbagliati: continuiamo, imperterriti, a sforzarci a raggiungere il risultato che desideriamo.

Consumiamo energia diretti verso quello che bramiamo; e lo facciamo con grande sforzo, lottando contro gli ostacoli che inevitabilmente capitano.

Bene, probabilmente abbiamo sempre agito in modo non ottimale.

O, meglio, forse ci siamo persi l’altra metà del mondo: il pensiero inverso.

La letteratura online (il solito Farnam Street, e molti altri) hanno ben evidenziato questo modello mentale.

Nulla di nuovo (come molte cose straordinarie), ma forse non così immediato: la letteratura di self help ed i messaggi motivazionali che imperversano ci indirizzano su questa strada, ossia quella per cui fallo, agisci, fallisci e ricomincia, e via discorrendo.

La loro direzione è sempre avanti.

Ecco, noi qui cerchiamo altro, e andiamo indietro.

Il principio dell’inversione è null’altro che la stradina secondaria che passa dietro la via principale, ma che comunque ti porta dove vuoi arrivare: solo che lo fa con meno traffico, meno persone che scalpitano e fanno casino, insomma con meno cose di cui faremmo volentieri a meno.

Tutto quello che voglio sapere è dove morirò, così da andare dall’altra parte
(C. Munger)

In buona sostanza, il modello mentale ci dice che:

Devi sempre invertire.

in particolare, invertire significa partire dal risultato desiderato ed andare a ritroso per capire come evitare passi falsi.

Il principio, nell’ambito della matematica, è noto grazie a Carl Gustav Jacob Jacobi ed il suo “inverti, inverti sempre” (“man muss immer umkehren“): per arrivare alla soluzione del problema, parti dal problema risolto, e vedi che cosa non può essere vero.

Un po’ come la reductio ad absurdum ossia il ragionamento per assurdo: parto dalla tesi contraria alla mia e, secondo gli strumenti della logica, arrivo ad un risultato che inevitabilmente è incoerente e/o contraddittorio.

Alla base di questo ragionamento c’è appunto il principio dell’inversione: non mi concentro su quello che voglio, ma riduco al massimo quello che non voglio.

Il tutto è molto pratico, se lo vuoi, come vedremo dagli esempi che seguono.

Esempi del principio di inversione

L’esempio mio preferito -il primo che mi viene in mente quando spiego questo modello mentale- è quello delle condotte idriche italiane.

Quello dell’approvvigionamento dell’acqua è un grosso, grossissimo problema. Tuttavia, più di un terzo dell’acqua che scorre nella rete idrica italiana (fonte per i relativi riferimenti ufficiali) viene perso per l’inefficienza delle condutture.

Perdiamo letteralmente acqua da tutte le parti, mentre ci focalizziamo a come avere più acqua.

Dobbiamo invece pensare a come perdere meno acqua.

Il principio è tutto qua: anziché pensare a come diventare più ricchi dovremmo pensare a cosa non fare per essere poveri.

Limitare i danni è più efficace dello sforzo per ottenere “di più”.

Lo status quo è bello, se sai come utilizzarlo.

Se la vita ti dà limoni, tu fai una limonata

Il che non significa abbandonarsi al proprio destino, perdere il desiderio di raggiungere qualcosa: semplicemente, significa fare al meglio quello che si ha già.

Questo modello mentale è alla base di tanti altri diversi episodi interessanti, che vale la pena analizzare.

Il libro di Farnam Street sui modelli mentali (il Volume 1 che puoi acquistare qui) condivide ad esempio la campagna che il noto pubblicitario Edward Bernays ha portato avanti per Lucky Strike.

Negli anni venti del secolo scorso, l’American Tobacco Company voleva vendere più sigarette alle donne; ma, al tempo, vi erano diversi limiti di natura sociale. Le donne non fumavano, anche perché questo era socialmente riprovevole.

La domanda più probabile che ci si potrebbe porre, in questo caso, sarebbe: “Come posso vendere più sigarette alle donne?

Beh, Bernays la pensava diversamente. Tutte le sue azioni successive paiono essere la risposta ad una domanda diversa: “Che cosa deve cambiare nel mondo affinché il fumare sia per le donne desiderabile, e per la società accettabile?”.

Uno di quei tipi – il Bernays – molto lontani dal mio modo di pensare; uno che non vede il mondo per quello che è, ma per come il mondo dovrebbe essere (ovviamente, secondo lui).

Beh, il suo modo di ragionare è stato senz’altro efficace, e la metodologia alla base certamente brillante: anziché forzare le vendite, ha scelto la via più complessa, e dunque ha deciso niente di meno che cambiare l’ambiente (anzi: la società tutta).

Egli si è posto una domanda che, nel tempo, ho iniziato a pormi anch’io:

Se è vero quello che voglio, cos’altro è vero?

Nel suo caso diverse sono state le risposte per promuovere la vendita:

  • veicolare il messaggio per cui magro è bello, e le sigarette fanno dimagrire;
  • veicolare il massaggio per cui i dolci fanno ingrassare, quindi meglio finire i pasti con una sigaretta;
  • rendere le sigarette ubique, cioè presenti ovunque. Conseguentemente, incentivare i produttori di cucine a realizzare piccoli cassetti nelle cucine, adibiti a contenitori di sigarette;
  • realizzare eventi pubblici dove le sigarette, fumate dalle donne, diventavano torce della libertà (sì, lo so, questa l’avete in qualche modo già sentita, anche se in forma diversa..). L’emancipazione femminile veniva dunque veicolata dalle sigarette.

Insomma, avete capito il concetto.

Un altro esempio, questa volta mio personalissimo, è quello del minimalismo.

Senza voler entrare in discussioni dottrinali e definitorie, anche perché non ne ho sufficiente conoscenza ed esperienza, qui parlerò di minimalismo nel senso di ridurre al massimo le cose, massimizzandone il risultato.

Guardare il mondo con questi nuovi occhiali significa, per me, sottrarre anziché aggiungere. Come dicevamo prima, fare della limonata con i limoni che ti ritrovi.

Un sistema minimalista, dove ogni cosa attua al massimo la propria funzione, è un sistema dove c’è poca roba; e dove c’è poca roba c’è poca confusione, o comunque la complessità del sistema è ridotto al massimo.

Un approccio minimalista alle questioni diventa così la migliore assicurazione contro la legge di Murphy (che non è Eddie, ma quello secondo cui “se una cosa può andare male, lo farà“).

Eddie Murphy e quello della legge di Murphy sono due persone diverse

Spoiler: Eddie Murphy e Edward Aloysius Murphy sono due persone diverse

Come applicare il metodo dell’inversione

Ci sono due modi di vedere ed applicare questo modello mentale.

C’è un primo approccio: parti dall’assumere che quello che vuoi provare sia vero, o sia falso, e poi vedi cos’altro è vero.

Questo lo applico nei miei atti, tipicamente quando sono per il convenuto: se è vera la tesi dell’attore, cos’altro deve essere vero?

Nel mio caso, se Tizio chiama in causa Caio, chiedendo la restituzione di una somma di denaro prestata al secondo, provata da una disposizione di bonifico, allora devo difendere Caio.

Se Tizio ha ragione -penso- dev’essere vero che Caio è debitore di Tizio, cioè non ha mai estinto il suo debito, quindi Caio deve restituirgli la somma. Ma, per esempio, può essere che Tizio si sia “dimenticato” del fatto che Caio a sua volta aveva un credito nei suoi confronti, che è stato compensato. Oppure, che il bonifico non era stato fatto a titolo di mutuo, ma per una pregressa fattura. E via discorrendo. Insomma, il punto è questo: Potrei scegliere di ragionare nel senso di ritenere che -a priori- controparte ha torto. Invece, provo (anche) a pensare che abbia ragione: se continuo a dare per vero questo, prima o poi troverò un’incongruenza, o un errore, insomma qualcosa che renderà la tesi dell’avversario poco credibile o fallace. Probabilmente arriverò allo stesso risultato di quanto ragiono per la via più semplice, ma può anche essere che no. Pensare all’inverso, dunque, mi da strumenti in più per svolgere meglio il mio lavoro come avvocato.

C’è un secondo approccio: anziché ragionare su come migliorare una situazione, pensa a come non peggiorarla.

Come scrivevo sopra, questo è importante nell’ambito dell’educazione finanziaria: se inizi a risparmiare prima di spendere, e ti fai un budget, se insomma comprendi come non diventare povero, probabilmente diventerai più ricco.

Questo è vero anche nello sport, o nelle competizioni più in generale: come dice ad esempio Sun Tzu nell’Arte della Guerra, il buon generale è quello che vince le battaglie non commettendo errori.

La competizione è influenzata più dai nostri errori, che dalla forza dell’avversario: se la nostra percentuale di errore sarà minore di quella di chi ci vuole battere, allora nel lungo periodo l’avremo vinta noi.

Conclusioni

Questo è per me l’esercizio da fare: un automiglioramento continuo, riducendo l’errore ed i difetti nelle cose in cui ci focalizziamo.

Questo vale anche nel modo di ragionare; la filosofia di questo sito, lo sai, è sempre la stessa, ossia: chi ragiona meglio, agisce meglio. E chi agisce meglio è, per definizione, chi sbaglia meno.

Un caro saluto,

Giovanni

Ogni tanto possiamo sentirci, se vuoi

Hai letto la teoria:
nella newsletter gratuita passiamo alla pratica