Il pensiero di secondo ordine

Il pensiero di secondo ordine è un modello mentale molto potente, e mi ricorda la pubblicità Mentadent: "prevenire è meglio che curare".

Qui parleremo di:

Il pensiero di secondo livello (detto anche pensiero di secondo ordine) è un po’ come una medicina preventiva per le cazzate. Come modello mentale, lo utilizzo ogni giorno nel mio lavoro di avvocato.

il rapporto causa-effetto è fondamentale nel pensiero di primo ordine, ma questo è solo il primo passo: dobbiamo pensare alle conseguenze dell’effetto, nel sistema in cui siamo immersi.

Incomprensibile? Beh, te lo spiego in modo chiaro e con esempi in questo articolo.

Quello a cui non pensiamo

[cos’è il pensiero di secondo livello]

E quindi?

Quanto senti questa frase, magari se stai litigando con il tuo partner, probabilmente sei nei casini. Perché di certo non hai riflettuto abbastanza su quello che sarebbe venuto dopo.

Non hai la risposta pronta, e rimpiangi di esserti messa/o in quella situazione da sola/o.

Ti capisco benissimo, e qui condividerò con te un’arma segreta per pensare (e rispondere) meglio.

“Se è vero quel che è vero, cos’altro è vero?”

Avrebbero dovuto porsi questa domanda anche gli ufficiali britannici in India, quando hanno deciso di prendere in mano un problema grave: il numero di serpenti letali nelle città e nelle loro case [1]

La soluzione più naturale, per loro, era anche la più logica: diamo una ricompensa a chi ci porta un serpente morto.

Le persone, d’altronde, rispondono agli incentivi.

Il problema è che effettivamente è così: le persone rispondono agli incentivi, ma lo fanno davvero.

Se il tuo istinto ti ha dato una risposta al problema, l’ha data corretta: promettendo alla popolazione indiana soldi in cambio di serpenti morti, la conseguenza paradossale è stata che -alla fine- erano nati allevamenti di serpenti. Il che ha moltiplicato il numero di serpenti in giro, così come il rischio nella popolazione (ossia, quello che volevano evitare).

“Se è vero quel che è vero, cos’altro è vero?”

È una domanda che l’umanità avrebbe dovuto porsi qualche decennio fa, quando per avere animali da macello con meno malattie si è deciso di dargli da mangiare antibiotici.

In effetti, in un primo tempo il numero di malattie trasmesse dalla carne degli animali all’uomo si è ridotta: poi, ci si è ricordati che esiste l’evoluzione. Dunque i batteri che sono resistiti agli antibiotici si sono ben presto moltiplicati, e più forti di prima.

Ora, quindi, mangiamo carne carica di antibiotici, ma senza l’immunità che questi potrebbero darci.

Il pensiero di secondo ordine (o di secondo livello) è quel modello mentale che ci invita a riflettere sugli effetti degli effetti delle nostre azioni.

Viene chiamato anche legge delle conseguenze non intenzionali e risponde alla domanda che ho sopra indicato: “se è vero quel che è vero, cos’altro è vero?”.

Nessun uomo è un’ isola

Aderendo alla prima legge dell’ecologia di Garrett Hardin (citata da Farnam Street nel libro che trovi qui), non puoi fare una cosa soltanto.

L’ambiente è interconnesso, sempre e comunque.

Tutti siamo connessi con qualcosa, o qualcuno. E qualcosa, o qualcuno, è sempre connesso con noi. Spesso in modi imprevedibili.

Ad ogni azione c’è una conseguenza, e ad ogni conseguenza ci sono necessariamente altre conseguenze, perché l’equilibrio è stato inevitabilmente modificato con la prima conseguenza.

È un po’ l’effetto farfalla cioè quella teoria il cui esempio, arcinoto, è quello per cui un battito d’ali di una farfalla può causare un tornado dall’altra parte del mondo.

Non sappiamo mai come le cose andranno a finire; le possiamo prevedere, ma tutto resta incerto, tranne per una cosa: che qualcosa accadrà, e accadrà qualcosa dopo quella cosa. E così per sempre.

Il nostro compito è farci trovare preparati.

Come pensa un avvocato?

Ipotizziamo che venga da te un cliente con in mano un atto di citazione dove c’è sostanzialmente scritto che egli ha torto marcio, e che l’attore Tizio dunque (= in ragione del comportamento di Caio, il tuo cliente) merita un risarcimento di un qualche danno.

Trovarsi dalla parte del convenuto non è più semplice o più difficile del trovarsi dalla parte dell’attore: è certo che, in genere, un approccio “ordinario” è quello di difendere il proprio assistito, portando avanti una tesi contraria a quella dell’attore.

Lui dice A, tu dici che non è A, ma B.

E va benissimo, e questo è (anche) il lavoro dell’avvocato.

Ma è preferibile fare qualche passo in più, passo che potrà essere o meno esplicitato nel proprio atto difensivo.

Il ragionamento è questo:

Tizio, l’attore, ha detto che (i) è successo questo e che da ciò (ii) è accaduto questo.

Tuttavia, (a) non è successo questo ma quest’altro il che comporta che (b) è accaduta quest’altra cosa.

La tesi di Tizio è dunque sbagliata, e la tesi di Caio (il nostro cliente) è vera.

[Fin qui siamo nella difesa classica, “ordinaria”, la più semplice e scontata NdR]

Tuttavia, diamo per ipotesi che in verità sia accaduto effettivamente quello che dice Tizio.

Ebbene, se è vero quello che dice Tizio, dev’essere vero anche qualcos’altro.

Ora, in questo qualcos’altro molto probabilmente ci potrebbe essere una contraddizione in termini: sappiamo che un fatto può essere qualificato in diversi modi, a seconda delle circostanze. Ma se cambiano le circostanze, cambia anche la qualificazione del fatto.

Io faccio il civilista, ma chi è avvezzo alla cronaca nera, o fa il penalista, sa che molto (se non tutto) si gioca sulla qualificazione del fatto e delle circostanze: tra un omicidio volontario ed un omicidio preterintenzionale, ad esempio, può cambiare di molto la cornice edittale e forse la pena.

La sintesi è questa: se porti avanti un’idea, portala avanti non solo di un livello (= le sue conseguenze), ma almeno di un altro livello (= le conseguenze delle sue conseguenze) oppure oltre.

Questo è quello che fanno, ad esempio, gli scacchisti.

Applichiamolo.

Scegli una decisione che dovrai prendere a breve: fare A oppure B.

  1. Domandati: Se è vero che A esiste, cos’altro è vero?
  2. Il contesto dove è vero A ti è favorevole nel medio o nel lungo periodo? ti avvicina o ti allontana dal tuo obiettivo reale?
  3. In questo contesto teorico, le persone o le cose come si comportano con noi?
  4. Ancora: in questo contesto teorico, le conseguenze sono certe oppure solamente possibili? E se sono possibili, lo sono tanto o poco? Non dobbiamo dimenticare, infatti, che non tutto ciò che è possibile poi accade. È quasi sempre questione di probabilità.

Esempio concreto:

  1. Ho 5.000,00 euro da parte, e tanta voglia di fare una vacanza a Dubai in questo freddissimo inverno. Tuttavia, questi sono risparmi che possono essermi utili in qualcos’altro.
  2. Ho due strade: partire, o non partire.
  3. Ipotizziamo che decido di partire: se parto, allora questo significa che avrò 5.000,00 euro in meno, ma probabilmente riuscirò a rilassarmi dopo un anno lavorativo particolarmente pesante. Sempre che io in vacanza riesca a non pensare ai soldi spesi, e che spenderò, oppure al lavoro e via dicendo. Tuttavia, ipotizzando che riesco ad essere tranquillo, comunque se quei 5.000,00 euro li spendo non avrò modo di pagare l’anticipo per acquistare l’automobile, e dovrò allo stesso tempo continuare a risparmiare anche l’anno prossimo, quando avevo in programma di acquistare casa. Questo significherà nel breve periodo un rilassamento, ma probabilmente vorrà dire solamente posticipare i problemi e le ansie economiche all’anno prossimo.
  4. Allo stesso modo, se decido di risparmiare i soldi per questa vacanza, avrò maggiore stabilità economica e potò affrontare più serenamente sia le spese certe future, che le situazioni incerte. Tuttavia, ciò significa che lo stress non se ne andrà, e che arriverò all’anno prossimo più stanco e frustrato, perché non vedrò i risultati di questa mia rinuncia.
  5. Come mi sentirei nella situazione A, e come mi sentirei nella situazione B?

Qui il nostro viaggio insieme finisce: ognuno valuta e reagisce alle situazione ed ai pensieri secondo il proprio sistema di valori.

Voglio che la lettura di questo articolo ti lasci almeno questo pensiero: non è tanto importante la decisione che prenderai, ma come pensi che ti sentirai quando la prenderai. Solo quando riusciamo a gestire l’ambiente (persone + cose + emozioni) che ci circonda riusciamo a prendere decisioni migliori; e quando prendiamo decisioni migliori, siamo più sereni e probabilmente miglioreremo le nostre giornate anziché peggiorarle.

Un caro saluto,

Giovanni

Note a margine e bibliografia

[1] Esempio tratto da The Great Mental Models Volume 1: General Thinking Concepts (English Edition), di Shane Parrish e Rhiannon Beaubien, ISBN-10 9781999449018 che puoi acquistare qui

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